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Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, Vita di Botticelli

Sandro Botticello, Pittor Fiorentino:

* Sforzasi la natura a molti dare la virtú, et in contrario gli mette la trascurataggine per rovescio, perché non pensando al fine della vita loro, ornano spesso lo spedale della lor morte come con l'opre in vita onorarono il mondo. * Questi nel colmo delle felicità loro sono de i beni della fortuna troppo carichi e ne' bisogni ne son tanto digiuni, che gli aiuti umani da la bestialità del lor poco governo talmente si fuggono, che col fine della morte loro vituperano tutto l'onore e la gloria della propria vita. Onde non sarebbe poca prudenzia ad ogni virtuoso, e particularmente a gli artefici nostri, quando la sorte gli concede i beni della fortuna, salvarne per la vecchiezza e per gli incomodi una parte, acciò il bisogno che ogni ora nasce, non lo percuota; come stranamente percosse Sandro Botticello, che cosí si chiamò ordinariamente per la cagione che appresso vedremo. Costui fu figliuolo di Mariano Filipepi cittadino fiorentino, dal quale diligentemente allevato e fatto instruire in tutte quelle cose che usanza è di insegnarsi a' fanciulli in quella città, prima che e' si ponghino a le botteghe, ancora che agevolmente apprendesse tutto quello che e' voleva, era nientedimanco inquieto sempre; né si contentava di scuola alcuna, di leggere, di scrivere o di abbaco, di maniera che il padre infastidito di questo cervello stravagante, per disperato lo pose a lo orefice con un suo compare chiamato Botticello, assai competente maestro allora in quella arte. Era in quella età una dimestichezza grandissima e quasi che una continova pratica tra gli orefici et i pittori; per la quale Sandro, che era desta persona e si era volto tutto a 'l disegno, invaghitosi della pittura, si dispose volgersi a quella. * Per il che, aprendo liberamente l'animo suo al padre, da lui che conobbe la inchinazione di quel cervello, fu condotto a fra' Filippo del Carmine, eccellentissimo pittore allora et acconciato seco a imparare, come Sandro stesso desiderava. Datosi dunque tutto a quella arte, seguitò et imitò sí fattamente il maestro suo, che fra' Filippo gli pose amore, et insegnolli di maniera che e' pervenne tosto ad un grado che nessuno lo arebbe stimato. Dipinse, essendo giovanetto, nella Mercatanzia di Fiorenza, una Fortezza fra le tavole delle Virtú che Antonio e Piero del Pollaiuolo lavorarono. In S. Spirito di Fiorenza fece una tavola alla cappella de' Bardi, la quale è con diligenza lavorata | et a buon fin condotta, dove sono alcune olive e palme lavorate con sommo amore. Lavorò nelle Convertite una tavola a quelle monache, et a quelle di San Barnaba similmente un'altra. In Ogni Santi dipinse a fresco nel tramezzo alla porta che va in coro, per i Vespucci, un Santo Agostino, nel quale cercando egli allora di passare tutti coloro ch'al suo tempo dipinsero, molto s'affaticò; la quale opera riuscí lodatissima per avere egli dimostrato nella testa di quel santo, quella profonda cogitazione et acutissima sottigliezza, che suole essere nelle persone sensate et astratte continovamente nella investigazione di cose altissime e molto difficili. Per il che, venuto in credito et in riputazione, dall'Arte di Porta Santa Maria gli fu fatto fare in San Marco una Incoronazione di Nostra Donna in una tavola, et un coro d'angeli, la quale fu molto ben disegnata e condotta da lui. In casa Medici, a Lorenzo Vecchio, lavorò molte cose, e massimamente una Pallade su una impresa di bronconi che buttavano fuoco, la quale dipinse grande quanto il vivo, et ancora un S. Sebastiano in Santa Maria Maggior di Fiorenza. Per la città in diverse case fece tondi di sua mano e femmine ignude assai, delle quali oggi ancora a Castello, luogo del Duca Cosimo <fuor> di Fiorenza, sono due quadri figurati, l'uno Venere che nasce, e quelle aure e venti che la fanno venire in terra con gli amori, e cosí un'altra Venere che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera; le quali da lui con grazia si veggono espresse. Nella via de' Servi in casa Giovanni Vespucci, oggi di Piero Salviati, fece intorno <a> una camera molti quadri, chiusi da ornamenti di noce, per ricignimento e spalliera, con molte figure e vivissime e belle. Ne' monaci di Cestello a una cappella fece una tavola d'una Annunziata. In San Pietro Maggio|re alla porta del fianco, fece una tavola per Matteo Palmieri con infinito numero di figure, la Assunzione di Nostra Donna con le zone de' cieli come son figurate, i Patriarchi, i Profeti, gli Apostoli, gli Evangelisti, i Martiri, i Confessori, i Dottori, le Vergini e le Gerarchie, disegno datogli da Matteo ch'era litterato. La quale opra egli con maestria e finitissima diligenza dipinse. Èvvi ritratto appiè Matteo in ginocchioni e la sua moglie ancora. Ma con tutto che questa opera sia bellissima e che ella dovesse vincere la invidia, furono però alcuni malivoli e detrattori, che non potendo dannarla in altro dissero che e Matteo e Sandro gravemente vi avevano peccato in eresia; il che se è vero o non vero, non se ne aspetta il giudizio a me, basta che le figure che Sandro vi fece veramente sono da lodare, per la fatica che e' durò nel girare i cerchi de' cieli e tramezzare tra figure e figure d'angeli e scorci e vedute in diversi modi diversamente, e tutto condotto con buono disegno. Fu allogato a Sandro in questo tempo una tavoletta piccola, di figure di tre quarti di braccio l'una; la quale fu posta in Santa Maria Novella fra le due porte, nella facciata principale della chiesa, nello entrare per la porta del mezzo a sinistra: et èvvi dentro la Adorazione de' Magi, dove si vede tanto affetto nel primo vecchio, che baciando il piede al Nostro Signore e struggendosi di tenerezza, benissimo dimostra avere conseguito la fine del lunghissimo suo viaggio.

E la figura di questo re è il proprio ritratto di Cosimo Vecchio de' Medici, di quanti a' nostri se ne ritruovano il piú vivo e piú naturale. Il secondo, che è Giuliano de' Medici, padre di Papa Clemente VII, si vede che intentissimo con l'animo, divotamente rende riverenzia a quel putto e gli assegna il presente suo. | Il terzo, inginocchiato egli ancora, pare che adorandolo gli renda grazie e lo confessi il vero Messia. Né si può descrivere la bellezza che Sandro mostrò nelle teste che vi si veggono, le quali con diverse attitudini son girate, quale in faccia, quale in proffilo, quale in mezzo occhio, e qual chinata, et in piú altre maniere e diversità d'arie di giovani, di vecchi, con tutte quelle stravaganzie che possono far conoscere la perfezzione del suo magisterio; avendo egli distinto le corti di tre re, di maniera che e' si comprende quali siano i servidori dell'uno e quali dell'altro. Opera certo mirabilissima, e per colorito, per disegno e per componimento ridotta sí bella, che ogni artefice ne resta oggi maravigliato. Et allora gli arrecò in Fiorenza e fuori tanta fama, che Papa Sisto IIII, avendo fatto fabbricare la cappella in palazzo di Roma e volendola dipignere, ordinò ch'egli ne divenisse capo; onde in quella fece di sua mano le infrascritte storie, ciò è quando Cristo è tentato dal Diavolo, quando Mosè amazza lo Egizzio, e che riceve bere da figlie di Ietro Madianite.

Similmente quando sacrificando i figliuoli di Aaron, venne fuoco da' cielo, et alcuni santi papi nelle nicchie di sopra alle storie. Laonde, acquistato fra molti concorrenti che seco lavorarono, e Fiorentini e di altre città, fama e nome maggiore, ebbe da 'l papa buona somma di danari; i quali ad un tempo destrutti e consumati tutti nella stanza di Roma, per vivere a caso come era il solito suo, e finita insieme quella parte che e' gli era stata allogata, e scopertala, se ne tornò subitamente a Fiorenza. Dove per essere persona sofistica, comentò una parte di Dante, e figurò lo Inferno e lo mise in stampa, dietro al quale consumò di molto tempo, per il che non lavorando fu cagione di infiniti disordini alla vita sua. Mise in stampa ancora il | Trionfo della Fede di fra' Girolamo Savonarola da Ferrara, e fu molto partigiano a quella setta. Il che fu causa che, abbandonando il dipignere e non avendo entrate da vivere, precipitò in disordine grandissimo. Perché ostinato alla setta di quella parte, faccendo continuamente il piagnone e deviandosi da 'l lavoro, invecchiando e dimenticando, si condusse in molto mal essere. Aveva lavorato molte cose in quel di Volterra e molte a Lorenzo Vecchio de' Medici, il quale mentre visse sempre lo sovvenne. Et in San Francesco fuor della porta San Miniato un tondo con una Madonna, con angeli grandi quanto il vivo, il quale fu tenuto cosa bellissima. Dicesi che Sandro era persona molto piacevole e faceta, e sempre baie e piacevolezze si facevano in bottega sua, dove continovamente tenne a imparare infiniti giovani, i quali molte giostre et uccellamenti usavano farsi l'un l'altro, e Sandro stesso accusò per burla uno amico suo di eresia a gli Otto; il quale comparendo domandò chi l'aveva accusato e di che, perché sendogli detto che Sandro era stato, il quale diceva ch'ei teneva l'opinione degli Epicurei, che l'anima morisse col corpo, rispose e disse: "Egli è vero che io ho questa opinione dell'anima sua, ch'è bestia, e bene è egli eretico, poiché senza lettere comenta Dante e mentova il suo nome invano". Dicesi ancora che molto amava quegli che vedeva studiosi della arte, e dicono che guadagnò molto, e tutto per trascurataggine senza alcun frutto mandò in mala parte. Fu da Lorenzo Vecchio molto amato e da infiniti ingegni et onorati cittadini ancora. Ma finalmente, condottosi vecchio e disutile, camminava per terra con due mazze, per il che non potendo piú far niente, infermo e decrepito, ridotto in miseria, passò di questa vita d'anni LXXVIII, et in | Ogni Santi di Fiorenza fu sepolto l'anno MDXV. Meritò veramente Sandro gran lode in tutte le pitture che e' fece dove lo strigneva lo amore e la affezzione, et * ancora che e' si fusse indiritto come si disse a le cose, che per la ipocresia si recano a noia le bellissime considerazioni della arte, e' non resta però che le sue cose non siano e belle e molto lodate, e massimamente la tavola de' Magi di Santa Maria Novella. In su la grandezza della quale si vede oggi dí suo appresso di Fabio Segni una tavola dentrovi la Calumnia di Apelle, dove Sandro divinamente imitò il capriccio di quello antico pittore, e la donò ad Antonio Segni suo amicissimo. Et è sí bella questa tavola che, e per la invenzione di Apelle e per la pittura di Sandro, è ella stata onorata di questo epigramma:

* INDICIO QVEMQVAM NE FALSO LAEDERE TENTENT
TERRARVM REGES, PARVA TABELLA MONET.
HVIC SIMILEM AEGYPTI REGI DONAVIT APELLES:
REX FVIT ET DIGNVS MVNERE MVNVS EO.   

1 *
* Vasari inzia con un’enunciazione generale: ammonisce i poco previdenti, per introdurre poi il caso particolare di Botticelli. Parafrasi: la natura si sforza di dare a molti la virtù e, dall’altro lato, li fa essere trascurati, questi infatti, non pensando alla fine della loro vita, ornano spesso l’ospedale della loro morte (finiscono a morire miseramente in un ospizio), come con le opere in vita onorarono il mondo. La libera sequenza degli elementi della frase che si nota qui e che si ritrova in tutta l’opera, spesso non corrisponde all’ordine seguito normalmente dall’italiano moderno (soggetto, verbo, complemento). Essa è modellata sulla sintassi latina.

2 Sforzasi
Si sforza, enclisi pronominale.

3 a molti dare
Di dare a molti.

4 spedale
Ospedale, ospizio. L'aferesi in questo caso è tipica del toscano.

5 lor
Loro, apocope.

6 l'opre
Le opere, opra.

7 *
* Parafrasi: questi, al colmo della loro felicità, sono troppo carichi dei beni della fortuna e, nel momento del bisogno, ne sono tanto privi che gli aiuti umani si fuggono talmente dalla bestialità del loro insufficiente governo (nessuno è disposto ad aiutarli, vista la loro incapacità di amministrare la fortuna guadagnata nel corso della loro vita) che, al momento della loro morte, vituperano tutto l’onore e le glorie guadagnate in vita.

8 de i
Dei, forma analitica di preposizioni articolate.

9 carichi
Sono troppo carichi dei beni.

10 ne'
Nei, forma apocopata di preposizioni articolate.

11 digiuni
Privi, digiuno è usato in senso figurato.

12 poco
L’aggettivo poco è qui inteso non tanto in senso quantitativo quanto piuttosto qualitativo.

13 si fuggono
Fuggirsi da = (ri)fuggire (da), evitare; è forma oggi non più in uso; pronomi riflessivi e posposizione del verbo.

14 Onde
Quindi, onde/donde.

15 prudenzia
Prudenza, latinismi.

16 particularmente
Particolarmente, alternanza vocalica in protonia.

17 artefici
Artefici è usato da Vasari come sinonimo di artisti.

18 vecchiezza
Vecchiaia, allotropo.

19 acciò
Affinché, congiunzioni.

20 stranamente
Con inconsueta forza.

21 ordinariamente
Di consueto, abitualmente veniva chiamato così.

22 cagione
Ragione, cagione.

23 appresso
In seguito, dopo, avverbi di tempo.

24 e'
Essi, pronomi personali.

25 ponghino
Pongano, presente congiuntivo. Porre a bottega = mandare il ragazzo ad imparare il mestiere di artista.

26 ancora che
Ancorché, sebbene; congiunzioni.

27 e'
Egli, pronomi personali.

28 nientedimanco
Nondimeno, congiunzione avversativa.

29 abbaco
Far di conto, aritmetica.

30 di maniera che
In maniera che, congiunzione consecutiva.

31 cervello
Ragazzo dal cervello …, sineddoche.

32
Cosí, .

33 per disperato
Per disperazione, come disperato.

34 assai competente maestro
La combinazione di avverbio + aggettivo precede il sostantivo: nell’italiano moderno di regola viene posposta, in latino erano possibili entrambe le posizioni.

35 continova
Continua.

36 pratica
Frequentazione, cioè gli orefici e i pittori usavano frequentarsi.

37 dispose
Decise di dedicarsi alla pittura.

38 *
* Parafrasi: per questo [Sandro], aprendo il suo animo al padre (confidandosi con lui), fu condotto da lui, che capì la tendenza artistica della mente [del figlio], da fra’ Filippo del Carmine [Filippo Lippi], pittore eccellentissimo in quel tempo, e fu messo da lui [a bottega] affinché imparasse [il mestiere], come era desiderio di Sandro stesso.

39 Per il che
Per la qual cosa, per cui, in conseguenza di ciò; nesso coordinativo conclusivo.

40 inchinazione
Inclinazione.

41 acconciato
Il soggetto è ancora Sandro: fu acconciato, fu messo a bottega da fra’ Filippo.

42 seco
Presso di lui, pronomi comitativi.

43 sí fattamente
In maniera tale.

44 pose amore
Si affezionò a lui.

45 insegnolli
Gli insegnò, enclisi pronominale.

46 tosto
Subito, ben presto; tosto.

47 arebbe
Avrebbe, avere.

48 stimato
Raggiunse ben presto un grado di perfezione che nessuno avrebbe immaginato.

49 essendo
Quand’era ancora giovanetto. Il gerundio ha qui valore temporale.

50 Fortezza
Raffigurazione della Fortezza, una delle quattro virtù cardinali.

51 tavole
Tavola qui e di seguito è sempre da intendersi come tavola dipinta, quadro.

52 lavorarono
Lavorare viene usato da Vasari transitivamente, con oggetto diretto. Lavorò una tavola = lavorò ad una tavola, creò una tavola.

53 Fiorenza
Antico nome di Firenze <Florentia.

54 olive
Olivi.

55 a
Per o presso; a.

56 a fresco
Secondo la tecnica dell’affresco.

57 passare
Superare.

58 la quale
E questa opera, uso anaforico dei pronomi relativi.

59 astratte
Assorte.

60 continovamente
Continuamente.

61 venuto in credito
Acquistato prestigio e fama.

62 Nostra Donna
La Madonna.

63 condotta
Eseguita.

64 impresa
Stemma.

65 bronconi
Rami.

66 grande quanto il vivo
A grandezza naturale.

67 tondi
Dipinti di forma rotonda.

68 ignude
Nude, toscanismo; allotropi.

69 quadri
Vasari ricorda qui quelli che sono forse i due quadri di Botticelli più famosi: la nascira di Venere e la Primavera, entrambi conservati agli Uffizi di Firenze.

70 aure
Aura.

71 dinotando
Che rappresenta.

72 veggono
Si vedono, -eggio/-aggio.

73 ricignimento
Recingimento, gn/ng. Si tratta di pannelli posti tutt’attorno alle pareti.

74 litterato
Letterato, in quanto uomo colto Matteo Palmieri dettò lui stesso il programma iconografico al pittore. In litterato come in altre parole del testo (riputazione, dinotando, ricignere, divotamente) il toscano Vasari adotta la variante con la i, piuttosto che quella con la e: letterato, alternanza vocalica in protonia.

75 Èvvi
Vi è, enclisi pronominale.

76 appiè
In basso, ai piedi, apocope.

77 in ginocchioni
Inginocchiato.

78 sua
L’uso dell’articolo prima del possessivo con nomi di parentela si conserva parzialmente anche nel toscano contemporaneo.

79 ancora
Anche.

80 con tutto che
Sebbene, nesso concessivo.

81 furono
Ci furono.

82 dannarla
Condannarla, biasimarla.

83 e
Sia Matteo sia Sandro.

84 e'
Egli, Sandro, pronomi personali.

85 durò
Durare fatica = fare fatica.

86 girare
Tracciare, termine tecnico della pittura.

87 cerchi
Le sfere celesti.

88 e
E...e...e... , polisindeto.

89 allogato
Affidato [l’incarico di fare] una tavoletta. Spesso in Vasari il participio passato rimane al maschile singolare, anche se il sostantivo corrispondente è femminile.

90 braccio
Il braccio era un’unità di misura corrispondente a circa 60/70 cm.

91
Ai giorni nostri, latinismi.

92 ritruovano
Ritrovano, ancora nella forma non momottongata.

93 putto
Fanciullo, qui Vasari si riferisce al Bambino Gesù.

94 presente
Regalo.

95 confessi
Proclami.

96 proffilo
Profilo, doppie e scempie.

97 in mezzo occhio
Di tre quarti.

98 e'
Egli si comprende, con valore neutro, toscanismo, pronomi personali.

99 servidori
Servitori, sorde/sonore.

100 ridotta
Condotta a termine.

101 infrascritte
Seguenti.

102 amazza
Ammazza, doppie e scempie.

103 bere
Riceve da bere.

104 da
Dalle, preposizioni articolate.

105 Laonde
Quindi, onde/donde.

106 danari
Denari, alternanza vocalica in protonia.

107 stanza
Soggiorno, durante la permanenza.

108 a caso
Disordinatamente.

109 allogata
Assegnata.

110 scopertala
Scoperta quella parte, il riferimento è alla compiuta esecuzione degli affreschi nella Cappella Sistina in Vaticano.

111 per essere
Essendo. Per + infinito ha qui senso causale.

112 sofistica
Colta, sapiente.

113 figurò
Raffigurò.

114 in stampa
Ne ricavò delle stampe. Vasari ricorda le illustrazioni di Botticelli alla Divina Commedia, da cui si trassero dele incisioni per una edizione a stampa. (Dante - Divina Commedia).

115 partigiano
Botticelli fu seguace delle predicazioni del frate domenicano Gerolamo Savonarola finito sul rogo nel 1498.

116 dipignere
Dipingere, gn/ng.

117 Perché
Per cui, nesso conclusivo.

118 ostinato
Diventato fanatico adepto della setta di Savonarola.

119 faccendo
Facendo, fare.

120 piagnone
Piagnoni erano chiamati i seguaci di Savonarola.

121 si condusse in molto mal essere
Si ridusse in disgrazia, andò a finire male.

122 in quel di
A Volterra, In quel di è locuzione preposizionale legata a nomi di città, oggi ha sapore arcaico.

123 sovvenne
Aiutò. Il senso transitivo di sovvenire (<subvenire = aiutare) ha oggi lasciato il posto all’uso intransitivo: mi sovviene = mi viene in mente.

124 tenuto
Ritenuto, considerato.

125 Dicesi
Si dice, enclisi pronominale.

126 baie
Scherzi. Oggi sopravvive solo nella locuzione dare la baia a qualcuno.

127 tenne a imparare
Tenne a bottega affinché imparassero il mestiere.

128 uccellamenti
Burle.

129 Otto
Magistratura fiorentina, citata anche da Machiavelli nella scena VI atto II della Mandragola del Testo 8.

130 sendogli
Essendogli, essere.

131 lettere
Nella edizione successiva Vasari così modificò questo passo “senza avere lettere o a pena saper leggere.”

132 comenta
Commenta, doppie e scempie.

133 mentova
Menziona, pronuncia, gallicismi/provenzalismi.

134 finalmente
Infine.

135 condottosi
Ridottosi.

136 mazze
Bastoni.

137 strigneva
Stringeva, gn/ng.

138 affezzione
Nella edizione successiva Vasari così modificò questo passo “nelle quali volle mettere diligenza e volle farle con amore”.

139 *
* Parafrasi: e sebbene le cose fossero andate come si è detto, cioè che per ipocrisia [si riferisce agli anatemi di Savonarola contro le opere d’arte] sono considerate biasimevoli le opere d’arte, ciò non toglie che le sue cose siano belle e molto lodate.

140 fusse
Fosse, essere.

141 indiritto
indirizzato.

142 e' non resta
Ciò non toglie che, nondimeno.

143 appresso
A casa.

144 dentrovi
Con dentro.

145 Calumnia
Calunnia, senza assimilazione. Per vedere il dipinto in questione ed avere delle informazioni sul significato di esso clicca qui.

146 *
È caratteristica delle Vite un’epigrafe a chiusura delle singole biografie. Questa si riferisce al soggetto dell’ultimo quadro trattato: l’ingiusta calunnia ai danni dell’artista greco Apelle. “Che questa piccola tavola ammonisca i re della terra e che li protegga dalla calunnia. Apelle ne donò una simile al re dell’Egitto: quel re ne fu degno e la tavola fu degna del re."