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Opera - L’Adone

Anche se fu dato alle stampe solo nel 1623, l’Adone fu concepito già all’inizio del secolo. E’ un poema epico in 20 canti, ciascuno dei quali è formato da un numero di ottave che varia dalle 250 alle 500. L’argomento, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, è la storia degli amori di Adone e Venere, ma in realtà il poema è incentrato, più che sullo sviluppo della vicenda, su innumerevoli digressioni narrative e descrittive, che ne spiegano anche la vastità eccezionale. Già all’epoca della sua pubblicazione l’Adone fu accolto con entusiasmo, ma anche con polemiche e riserve che hanno accompagnato la sua storia critica fino ad oggi.

Edizione: I manoscritti sono andati perduti e le edizioni di riferimento sono due: quella parigina e quella veneziana, entrambe del 1623. La prima edizione, quella parigina, fu curata dallo stesso autore fra il 1621 e il 1623. La seconda, stampata con il consenso ma senza la vigilanza di Marino, presenta pochi scarti dalla prima, per lo più ascrivibili a interventi di censura e autocensura, ma era considerata da Marino stesso scorrettissima. Il testo qui riprodotto, esemplato sull’edizione parigina, è stato curato per i Classici Ricciardi (Napoli 1954) da Guido Ferrero che ne ha collazionato i tre esemplari reperibili.

Metrica: Il poema è composto in ottave.

Note linguistiche: la lingua dell’Adone rispecchia molte caratteristiche del barocco, innanzitutto la tendenza a liberarsi dal dogmatismo della norma grammaticale e quindi a praticare una lingua libera, aperta alle mutazioni e innovazioni, soprattutto in campo lessicale e stilistico, dove si cercano immagini e termini insoliti (le “parole pellegrine”). Nell’Adone si trovano molti esempi di apertura ai lessici specialistici, come quello delle scienze, ai forestierismi e ai dialettismi. Tutto ciò rende la lingua dell’Adone sorprendente e spesso astrusa, spinta ai limiti della comprensibilità. Nel brano qui riportato risulta evidente un’ulteriore caratteristica della poesia barocca, e cioè la centralità della metafora. Su questo argomento è il Cannocchiale aristotelico di Emanuele Tesauro (1654 e 1670) a fornire possibili chiavi di lettura. In questo trattato che interpreta esemplarmente lo spirito del barocco, oltre all’invenzione di metafore argute ed ingegnose, viene celebrata la metafora ramificata che, partendo da una prima analogia, sviluppa su questa tutta una serie complessa, come per esempio in Marino, citato a modello da Tesauro stesso, quella della rosa-regina. Molto complessa la sintassi mariniana: frequentissima la posposizione del verbo e tutta una serie di inversioni (anastrofe, iperbato). A volte l’ordine della frase è talmente invertito da rendere oscuro il senso: sinchisi.

Link: Il testo dell'Adone è leggibile (e scaricabile) nella versione offerta dalla biblioteca digitale di liber liber.