Leon Battista Alberti, I Libri della Famiglia, III
* GIANNOZZO: Or sí ben sai cosí sempre mi parse debito a' padri della famiglia non solo fare le cose degne all'uomo, ma ancora fuggire ogni atto e fatto quale s'apartenga alle femmine. Vuolsi lasciare le faccenduzze di casa tutte alle donne come feci io.
LIONARDO: Voi potete lodarvi che aveste la donna forse piú che l'altre virtuosissima. Non so quanto si trovasse altrove donna tanto faccente e tanto nel reggere la famiglia prudente quanto fu la vostra.
GIANNOZZO: Fu certo la mia e per suo ingegno e costumi, ma molto piú per miei ammonimenti ottima madre di famiglia.
LIONARDO: Voi adunque gl'insegnasti?
GIANNOZZO: In buona parte.
LIONARDO: E come facesti voi?
GIANNOZZO: Dicotelo. Quando la donna mia fra pochi giorni fu rasicurata in casa mia, e già il desiderio della madre e de' suoi gli cominciava essere meno grave, io la presi per mano e andai monstrandoli tutta la casa, e insegna'li suso alto essere luogo pelle biave, giú a basso essere stanza per vino e legne. Monstra'li ove si serba ciò che bisognasse alla mensa, e cosí per tutta la casa rimase niuna masserizia quale la donna non vedesse ove stesse assettata, e conoscesse a che utilità s'adoperasse. Poi rivenimmo in camera mia, e ivi serrato l'uscio le monstrai le cose di pregio, gli arienti, gli arazzi, le veste, le gemme, e dove queste tutte s'avessono ne' luoghi loro a riposare.
LIONARDO: A tutte queste cose preziose adunque era consegnato luogo in camera vostra, credo perché ivi stavano piú sicure, e piú rimote e serrate.
GIANNOZZO: Anzi ancora, Lionardo mio, per potelle rivedere quando a me paresse senza altri testimoni; ché, siate certi, figliuoli miei, non è prudenza vivere sí che tutta la famiglia sappia ogni nostra cosa, e stimate minore fatica guardarvi da pochi che da tutti. *Quello el quale saputo da pochi piú sarà sicuro a serballo, ancora perduto piú sarà facile a riavello da pochi che da molti, e io per questo e per molti altri rispetti sempre riputai meno pericolo tenere ogni mia cosa preziosa quanto si può occulta e serrata in luogo remoto dalle mani e occhi della moltitudine; sempre volli quelle essere riposte in luogo ove elle si serbino salve e libere da fuoco e da ogni sinistro caso, e dove spessissimo e per mio diletto e per riconoscere le cose io possa solo e con chi mi pare rinchiudermi, * senza lasciare di fuori a chi m'aspetta cagione di cercare di sapere e' fatti miei piú che io mi voglia. Né a me pare a questo piú atto luogo che la propria camera mia ove io dormo, in quale, come io diceva, volsi niuna delle preziose mie cose fosse alla donna mia occulta. Tutte le mie fortune domestiche gli apersi, spiegai e monstrai. Solo e' libri e le scritture mie e de' miei passati a me piacque e allora e poi sempre avere in modo rinchiuse che mai la donna le potesse non tanto leggere, ma né vedere. Sempre tenni le scritture non per le maniche de' vestiri, ma serrate e in suo ordine allogate nel mio studio quasi come cosa sacrata e religiosa, in quale luogo mai diedi licenza alla donna mia né meco né sola v'intrasse, e piú gli comandai, se mai s'abattesse a mia alcuna scrittura, subito me la consegnasse. E per levarli ogni appetito se mai desiderasse vedere o mie scritture o mie secrete faccende, io spesso molto gli biasimava quelle femmine ardite e baldanzose, le quali danno troppo opera in sapere e' fatti fuori di casa o del marito o degli altri uomini; *ramentavagli che sempre si vide questo essere verissimo quale mi ricorda messer Cipriano Alberti, uomo interissimo e prudentissimo, disse alla moglie d'uno suo amicissimo, che pur vedendola troppo curiosa in domandare e investigare dove e con cui il marito fusse albergato, per amonilla quanto poteva e per rispetto della amicizia forse dovea, cosí gli disse: «Io ti consiglio per tuo bene, amica mia, che tu sia molto piú nelle cose di casa sollecita che in quelle di fuori, e ramentoti come a sorella che' savi *dicono che le donne quali spiano pure spesso degli uomini non sono senza sospetto che a loro troppo stiano nell'animo gli uomini, e forse si monstrano piú desiderose di sapere se altri conosce e' costumi suoi che cupide di conoscere e' fatti d'altrui, e di queste pensa tu quale alle oneste donne stia peggio». Cosí dicea messer Cipriano; cosí io con simili detti ammaestrai la donna mia, e sempre m'ingegnai ch'ella in prima non potesse, e apresso poi ch'ella non curasse sapere le mie secrete cose piú che io mi volessi; né vuolsi mai, per minimo secreto che io avessi, mai farne parte alla donna né a femina alcuna. E troppo mi spiacciono alcuni mariti, i quali si consigliano colle moglie, né sanno serbarsi dentro al petto secreto alcuno: pazzi che stimano in ingegno femminile stare alcuna vera prudenza o diritto consiglio, pazzi per certo se credono *la moglie ne' fatti del marito piú essere che 'l marito stessi tenace e taciturna. O stolti mariti, quando cianciando con una femmina non vi ramentate che ogni cosa possono le femmine eccetto che tacere. Per questo adunque sempre curai che mio alcuno secreto mai venisse a notizia delle donne, non perché io non conoscessi la mia amorevolissima, discretissima e modestissima piú che qual si fusse altra, ma pure stimai piú sicuro s'ella non poteva nuocermi che s'ella non voleva.
LIONARDO: O ricordo ottimo! E voi non meno prudente che fortunato, se mai la donna vostra da voi trasse alcuno secreto.
GIANNOZZO: Mai, Lionardo mio, e dicoti perché: prima come ella era modestissima, cosí mai si curò piú sapere che a lei s'apartenesse, e io poi questo seco osservava, che mai ragionava se none della masserizia o de' costumi o de' figliuoli, e di queste molto spesso faceva seco parole assai, acciò che ella e dal dire mio imparasse fare, e per saperne meco ragionare e rispondermi studiasse conoscere e con opere bene asseguire tutto ciò che a quelle s'apartenesse; e anche, Lionardo mio, cosí faceva per tôlli via d'entrare meco in ragionamenti d'alcuna mia maggiore e propria cosa. Cosí adunque feci: e' secreti e le scritture mie sempre tenni occultissime; ogni altra cosa domestica in quella ora e dipoi sempre mi parse licito consegnalle alla donna mia, e *lascialle non in tanto a custodia sua che io spesso non volessi e sapere e vedere ogni minuta cosa dove fosse e quanto stesse bene salva. E poiché la donna cosí ebbe veduto e bene compreso ove ciascuna cosa s'avesse a rassettare, io gli dissi: «Moglie mia, quello che doverà essere utile e grato a te come a me mentre che sarà salvo, e quello che a te sarebbe dannoso e arestine disagio se noi ne fossimo straccurati, di questo conviene ancora a te esserne sollicita non meno che a me. Tu hai vedute le nostre fortune, le quali, grazia d'Iddio, sono tante che noi doviamo bene contentarcene: se noi sapremo conservalle, queste saranno utili a te, a me e a' figliuoli nostri. Però, moglie mia, a te s'apartiene essere diligente e averne cura non meno che a me».
LIONARDO: E qui che vi rispuose la donna?
GIANNOZZO: Rispuose e disse che aveva imparato ubidire il padre e la madre sua, e che da loro avea comandamento sempre obedire me, e pertanto era disposta fare ciò che io gli comandassi. Adunque dissi io: «Moglie mia, chi sa obedire il padre e la madre sua tosto impara satisfare al marito. Ma, - dissi, - sa' tu quel che noi faremo? *Come chi fa la guardia la notte in sulle mura per la patria sua, se forse di loro qualcuno s'adormenta, costui non ha per male se 'l compagno lo desta a fare il debito suo quanto sia utile alla patria, io, donna mia, molto arò per bene, se tu mai vedrai in me mancamento alcuno, me n'avisi, imperoché a quello modo conoscerò quanto l'onore nostro, l'utilità nostra e il bene de' figliuoli nostri ti sia a mente; cosí a te non spiacerà se io te desterò dove bisogni. In quello che io mancassi supplisci tu, e cosí insieme cercheremo vincere l'uno l'altro d'amore e diligenza. Questa roba, questa famiglia, e i figliuoli che nasceranno sono nostri, cosí tuoi come miei, cosí miei come tuoi. Però qui a noi sta debito pensare non quanto ciascuno di noi ci portò, ma in che modo noi possiamo bene mantenere quello che sia dell'uno e dell'altro. Io procurerò di fuori che tu qui abbia in casa ciò che bisogni; tu provedi nulla s'adoperi male».
LIONARDO: Come vi parse ella udirvi? Volentieri?
GIANNOZZO: Molto, e disse gli piacerà fare con diligenza quanto saprà e potrà quello che mi sia a grado. Però dissi io: «Donna mia, odimi: sopra tutto a me sarà gratissimo faccia tre cose: la prima, qui in questo letto fa', moglie mia, mai vi desideri altro uomo che me solo, sai». Ella arrossí e abassò gli occhi. Ancora glielo ridissi che in quella camera mia ricevesse solo me, e questa fu la prima. La seconda, dissi, avesse buona cura della famiglia, contenessela e reggessela con modestia in riposo, tranquillità e pace; e questa fu la seconda. La terza cosa, dissi, provedesse che delle cose domestiche niuna andasse a male.
LIONARDO: Monstrastile voi come ella dovesse fare quanto li comandavate, o pure essa da sé in queste tutte era maestra e dotta?
GIANNOZZO: Non credere, Lionardo mio, che una giovinetta possa essere in le cose bene dotta. Né si richiede dalle fanciulle tutta quella astuzia e malizia quale bisogna in una madre di famiglia, ma molto piú modestia e onestà, quali virtú furono in la donna mia sopra tutte l'altre, e non potrei dirti con quanta riverenza ella mi rispondesse. Dissemi la madre gli avea insegnato filare, cucire solo, ed essere onesta ancora e obediente, che testé da me imparerebbe volentieri in reggere la famiglia e in quello che io gli comandassi quanto a me paresse d'insegnarli.
LIONARDO: E voi come, Giannozzo, insegnastili voi queste cose?
GIANNOZZO: Che? Forse adormentarsi senza uomo altri che me appresso?
LIONARDO: Molto mi diletta, Giannozzo, che in questi vostri ricordi e ammonimenti santissimi e severissimi voi ancora siate giocoso e festivo.
GIANNOZZO: Certo sarebbe cosa da ridere se io gli avessi voluto insegnare dormir sola. Non so io se quelli tuoi antichi li sepporo insegnare.
1 *
* Giannozzo è lo zio anziano di Lionardo. In questa parte del Libro III si discutono i ruoli e i compiti specifici dei due sessi. Nel brano seguente Giannozzo spiega al nipote come ha ‘educato’ la propria donna, facendone una perfetta moglie, madre e amministratrice dei beni familiari.
2 parse debito
Mi parve che i padri di famiglia dovessero. Parsi/parse è perfetto forte di parere, attestato sia in poesia che in prosa.
3 a'
Ai, preposizioni articolate.
4 famiglia
Come Alberti spiega altrove nel trattato, quando parla di “famiglia” intende quasi sempre non la sola famiglia nucleare di genitori e figli, bensì tutti coloro che vivevano sotto lo stesso tetto, quindi anche eventuali parenti, domestici e servi.
5 ancora
Anche.
6 fuggire
Evitare. L’uso transitivo di fuggire nel senso di ‘evitare’, seguito dall’oggetto diretto, era normale nell’italiano antico; transitivi/intransitivi.
7 quale
Il quale, che,pronomi relativi.
8 s'apartenga
Sia proprio delle donne. Appartenere con diatesi media: apartenersi, compare più volte nel dialogo e viene usato nel senso di “essere adatto”, “spettare a”; pronomi riflessivi.
9 Vuolsi
Si vuole, è necessario, è preferibile. L’enclisi pronominale è sentita ancora come obbligatoria in posizione iniziale per la legge Tobler-Mussafia.
10 faccenduzze
Faccende di casa di poca importanza. Il diminutivo è un tratto della parlata toscana.
11 donna
Donna nel senso di moglie.
12 l'altre
Più che le altre mogli la vostra fu virtuosissima.
13 faccente
Il participio presente di fare è qui sinonimo di operosa, attiva.
14 prudente
Tanto prudente nel governare la famiglia. La prudenza è una qualità molto importante per Alberti: include una certa diffidenza nei confronti degli estranei, l’autocontrollo, la parsimonia.
15 adunque
Dunque, congiunzioni.
16 gl'insegnasti
Le insegnaste. Le forme del pronome obliquo li e gli vengono usate entrambe anche per il femminile. La terminazione in -i nel verbo, insegnasti invece di insegnaste, è un morfema del toscano quattrocentesco.
17 Dicotelo
Te lo dico, enclisi pronominale.
18 fra
Dopo.
19 fu rasicurata
Si fu rassicurata. Giannozzo rievoca i primi tempi dopo il matrimonio. Nella Firenze del ‘400 era in uso che le ragazze venissero date in sposa ancora giovanissime a uomini di età molto superiore alla loro. Si comprendono quindi lo stato di apprensione e la nostalgia per la famiglia di origine provati dalla sposa di Giannozzo.
20 monstrandoli
Mostrandole.
21 insegna'li
Le insegnai.
22 suso
Su, avverbi di tempo.
23 pelle
Per le, forma sintetica di preposizione articolata, oggi non più usata, preposizioni articolate.
24 biave
Biade, grano.
25 ove
Dove.
26 si serba
Si conserva.
27 ciò che bisognasse
Ciò di cui ci fosse bisogno per la mensa, cioè le provviste. Bisognare è costruito transitivamente.
28 niuna
Non rimase nessuna masserizia; indefiniti.
29 masserizia
Vocabolo centrale nella società mercantile: masserizia o, più spesso al plurale, masserizie, indica i beni della casa: arredi, utensili ed anche le provviste; in senso lato anche la buona amministrazione della casa (essere buon massaro o massaio).
30 assettata
Sistemata.
32 serrato
Chiuso.
33 uscio
La porta, il termine uscio è ancora vivo in Toscana.
34 arienti
Argenti, l’argenteria; allotropi.
35 veste
Sostantivo femminile con uscita in –a, vesta, pl. veste, oggi si usa la forma in –e, veste, pl. vesti.
36 s'avessono
S’avessono a riposare = dovessero essere riposte, avere.
37 riposare
Riporre, mettere.
38 consegnato luogo
Assegnato un luogo; ogni cosa preziosa ha un posto preciso nella camera.
39 rimote
Remote, nascoste in posti difficilmente accessibili.
40 Anzi ancora
Anche per un altro motivo.
41 potelle
Poterle, assimilazione applicata qui frequentemente all’infinito seguito dal pronome enclitico.
44 stimate
Considerate.
45 guardarvi
Difendervi.
46 *
* Sarà più al sicuro, si potrà conservare meglio quell’oggetto di cui pochi conoscono il luogo in cui è nascosto e, anche nell’ipotesi che vada perduto, sarà più facile riaverlo se solo poche persone sono informate.
47 rispetti
Motivi, considerazioni.
48 riputai meno pericolo
Considerai meno periciloso.
49 sinistro
Da ogni sventura, da ogni possibile incidente.
50 *
* Senza lasciar motivo, a chi mi aspetta fuori della porta, di far sapere i fatti miei più di quanto io non voglia.
52 e'
I fatti, forma dell’articolo maschile plurale tipica del toscano quattrocentesco.
53 mi
Più di quanto io non voglia.
54 atto
Adatto, non mi sembra che ci sia un luogo più adatto che la mia camera da letto.
55 in quale
Nella quale, pronomi relativi.
56 diceva
Dicevo, imperfetto indicativo.
57 volsi
Non volli che nessuna delle mie cose preziose rimanesse nascoste a mia moglie; volere. Si noti la frase oggettiva espressa senza il che, questa costruzione tocca nel Quattrocento la massima diffusione.
58 gli apersi
Le aprii, le manifestai.
59 scritture
Le carte relative all’amministrazione della casa. Si tratta qui di libri di casa, le ricordanze, tenuti dagli scrupolosi padri di famiglia fiorentini.
60 passati
I miei antenati.
61 avere in modo rinchiuse
Averle rinchiuse in modo che [...].
62 vestiri
Vestiti. Le carte importanti non le tiene nelle tasche degli abiti, ma chiuse in un armadio o scrittoio.
63 licenza
Non diedi mai il permesso a mia moglie di entrare in quella stanza, nello studio.
64 meco
Con me, pronomi comitativi.
65 piú
Inoltre.
66 gli comandai
Le comandai di consegnarmela o che me la consegnasse. Un'altra oggettiva, subito me la consegnasse, non introdotta dalla congiunzione che.
67 se mai s'abattesse
Se mai trovasse per caso, s’imbattesse in qualche mio scritto, documento.
68 gli biasimava
Spesso rimproveravo in sua presenza.
69 danno troppo opera
Si danno troppo da fare per sapere i fatti del marito.
70 in
Nel, introduce un infinito sostantivato.
71 *
* Le ricordavo che si è sempre dimostrato esser verissimo quello che mi ricordo che messer Cipriano Alberti disse alla moglie di un suo amico. Segue qui un lungo periodo con l’aneddoto relativo ad un suo parente.
72 ramentavagli
Le ricordavo, imperfetto indicativo e enclisi pronominale.
73 si vide questo essere verissimo
Si vide sempre che questo è verissimo. Costruzione con l’infinito su modello della prosa latina, accusativo con l'infinito.
75 interissimo
Integro moralmente.
76 cui
Chi.
77 fusse
Fosse, la forma in -u- è caratteristica del fiorentino quattrocentesco.
78 amonilla
Ammonirla, assimilazione.
79 amicizia forse dovea
Omissione del pronome relativo: l'amicizia che forse doveva al marito di lei.
80 ramentoti
Ti ricordo.
81 *
* I saggi dicono che le donne che spiano gli uomini possono essere sospettate di interessarsi troppo agli uomini e forse desiderano più sapere se altri conoscono i loro costumi piuttosto che conoscere veramente i fatti degli altri, pensa tu quale delle due cose sia la peggiore per le oneste donne. L’alternativa è cioè se sia peggiore la vanità o la curiosità.
82 in prima
Innanzitutto.
83 apresso poi
E poi.
84 secrete
Segrete, sorde/sonore.
85 farne parte
Rivelare, comunicare.
86 femina
Femmina, doppie e scempie. Non ha mai rivelato un segreto ad una donna, né a sua moglie né ad altre.
87 mi spiacciono
Disapprovo.
88 colle
Con le, preposizioni articolate.
89 stare
Credono che stia, accusativo con l'infinito.
90 diritto
Giusto.
91 *
* Se credono che la moglie sia più tenace, nel difendere gli interessi del marito, e taciturna, nel mantenere i segreti, del marito stesso, accusativo con l'infinito.
92 O stolti mariti
O mariti sciocchi. Giannozzo rimprovera i mariti sciocchi che non hanno segreti per le proprie mogli, apostrofe.
93 cianciando
Chiacchierando.
94 ogni cosa
Tutto.
95 alcuno
Nessun mio segreto, indefiniti.
96 venisse a notizia
Venisse a conoscenza.
97 conoscessi
Non perché io non sapessi che la mia è la più amorevole, la più discreta e modesta delle donne. Conoscere + oggetto e attributo è usato nel senso di sapere.
98 dicoti perché
Giannozzo spiega la strategia con cui è riuscito a non farsi carpire dalla moglie alcun segreto. La proposizione che segue è assai complessa, ricca di molte coordinate e subordinate.
99 come
Siccome.
100 si curò
Non si preoccupò, cura.
101 piú sapere che
Alla moglie non importava sapere più di quanto non le spettasse.
102 questo seco osservava
Con lei, pronomi comitativi, io con lei tenevo il seguente comportamento.
103 ragionava
Il soggetto è ancora io, imperfetto indicativo in –a, ragionare. Giannozzo parlava con la moglie solo di determinati argomenti: la masserizia, il comportamento da tenere, l’educazione dei figli.
105 assai
Ne parlava molto, assai.
106 acciò che
Affinché, introduce una doppia proposizione finale, congiunzioni. Parlava tanto di queste cose affinché la moglie sia imparasse, dalle cose da me dette, a fare, sia, per il fatto di saperne discutere con me, si sforzasse di conoscere e poi passando ai fatti, di eseguire, tutto ciò che a questo riguardo (cioè i temi discussi) fosse necessario intraprendere.
107 e
Congiunzione correlativa, da collegare al successivo e: sia…sia…, polisindeto.
108 asseguire
Eseguire.
109 faceva
Facevo così per impedirle di parlare con me dei miei affari più importanti e privati. Questo è il terzo e ultimo scopo delle sue conversazioni circoscritte a certi temi.
110 tôlli
Toglierle via, infinito sincopato, per distoglierla dall’idea di mettersi a discutere con me delle mie cose più importanti.
111 mi parse licito
Mi parve lecito.
112 consegnalle
Consegnarle, assimilazione.
113 *
* Struttura comparativa: lasciarle (le cose domestiche) in custodia alla donna mia, non tanto però da non voler spesso io andare a vedere e sapere dove stesse ogni minima cosa e se fosse ben conservata. Nelle faccende domestiche dunque Giannozzo si fida della moglie, ma non rinuncia a controllare ugualmente tutto in prima persona.
114 s'avesse a rassettare
Si dovesse sistemare, avere.
115 doverà
Dovrà, senza sincope della vocale protonica.
116 mentre che sarà salvo
Un commentatore legge: “finché io sarò in vita”, un altro: “fintanto che ogni cosa sarà salva”.
117 arestine
Ne avresti, enclisi pronominale e avere.
118 straccurati
Se noi fossimo trascurati, se non ci occupassimo come necessario dei nostri beni.
119 doviamo
Dobbiamo.
120 rispuose
Rispose.
121 comandamento
Dai suoi genitori aveva appreso il comandamento, la regola di ubbidire sempre anche a me, suo marito.
122 obedire
All’interno della stessa frase troviamo “obbedire” sia con la u- che con la o-, alternanza vocalica in protonia.
123 ciò che
Qui in senso indefinito: qualsiasi cosa.
125 satisfare
Soddisfare, latinismo.
126 sa' tu
Sai tu; la presenza del pronome soggetto in frasi interrogative è caratteristica del toscano.
127 *
* Similitudine. La vigilanza reciproca dei coniugi sui beni di casa viene paragonata alla veglia di due sentinelle sulle mura della città: se uno s’addormenta, non se la prenderà se l’altro lo sveglierà, anzi gliene sarà grato.
129 costui
Dimostrativi.
130 non ha per male
Non se la prende a male, non si arrabbia.
131 fare il debito suo
Fare il suo dovere.
132 molto arò per bene
Riterrò giustissimo, giudicherò ben fatto. Arò = avrò.
133 imperoché
Perché, congiunzioni.
134 Però
Perciò, congiunzioni.
135 quanto ciascuno di noi ci portò
Si allude qui ai beni portati in dote dalla sposa. Questo era spesso, alla morte del marito, motivo di conflitto, perché la vedova poteva reclamare la restituzione della dote.
136 bisogni
Ciò di cui hai bisogno, il verbo bisognare era usato transitivamente.
137 ella udirvi
Accusativo con l'infinito; come vi parve che vi ascoltasse?
138 quello che mi sia a grado
Quello che mi fa piacere, a grado: vedi altre parole etimologicamente affini: gradire, grato, malgrado, alternanza sorde/sonore.
139 fa'
Fa’ in modo da non desiderare.
140 contenessela
La tenesse sotto controllo.
141 dotta
Istruita, esperta.
142 testé
Ora.
143 imparerebbe
Avrebbe imparato, condizionale presente.
144 antichi
Antenati, avi.
145 sepporo
Seppero insegnare questa cosa alle loro donne.